martedì 20 marzo 2012

IMAGO MORTIS (2008), Stefano Bessoni


Italia, Spagna, Irlanda 2008
Regia: Stefano Bessoni
Cast: Alberto Amarilla, Oona Chaplin, Geraldine Chaplin, Alex Angulo, Francesco Cornelutti
Sceneggiatura: Stefano Bessoni, Luis Berdejo


Trama (im)modesta – Assillato da visioni di un fantasma biancovestito, uno studente di cinematografia si imbatte in uno strumento ottico di nome tanatoscopio, macabro strumento che permette di uccidere una persona, cavandogli gli occhi e catturando l'ultima immagine che ha visto. Ma il tanatoscopio viene rubato e strane scomparse cominciano a susseguirsi, scomparse collegate con un misterioso film riguardante proprio la storia del tanatoscopio. Un film dalla storia oscura e maledetta.


La mia (im)modesta opinione – Ho recuperato a distanza di anni questo film che in virtù del suo essere indipendente, in virtù di una sceneggiatura vergata da una mano spagnola (si sa, gli iberici hanno talento negli horror eleganti) e soprattutto in virtù della mia attrice supercult Geraldine Chaplin avevo deciso di vedere con grandi aspettative.
Ma, si sa, le grandi aspettative nascono per essere deluse.


A parte lo spunto iniziale assai originale del tanatoscopio (una specie di macchina fotografica in stile Saw, l’Enigmista del Medioevo) che poteva essere un’arma del delitto nuova, interessante o comunque diversa dall’ormai trita motosega/machete/mannaia/arma bianca a caso e lo stupendo incipit che mostra in modo piuttosto scioccante l’utilizzo del tanatoscopio, il film si spreca sin dalle prime scene.
Nonostante un’ambientazione, un apparato tecnico (che fotografia stupenda!) e un cast tutto sommato non scadentissimo, il film che viene fuori pare una goffa imitazione di un qualche horror orientale che prende molto in prestito al primo (e migliore) Dario Argento. Nonostante la faccia sia quella giusta, l’interpretazione di Alberto Amarilla è languorosa e svenevole. La sceneggiatura, come già detto, parte da spunti brillanti ma poi comincia a fare acqua da tutte le parti (personaggi che scompaiono, cadaveri di cui nessuno si accorge) e la mano registica di Bessoni solitamente ferma e formalmente elegante comincia a farsi goffa nelle scene di “paura” (se imbrattare la faccia di un ragazzino con la farina vuol dire far paura, beninteso) e si spreca in un montaggio troppo convulso e, soprattutto, confuso.


Come poi capita alla maggior parte degli horror moderni, lo scioglimento è noioso e scontato e, se mi si concede, pure con una punta di lieto fine in stile “macabra Disney” che farà storcere il naso a tutti gli amanti dell’horror duro e puro (no, non mi riferisco allo splatter).
Ma ci sono anche delle note positive. Oltre alla fotografia da brividi (nel senso migliore del termine) perfettamente buia e algida, spicca la figura della divina Geraldine Chaplin combinata sì come un quadro antico ma capace di caratterizzare un personaggio dandogli quell’aria spettrale e allampanata che a questo genere di film non fa mai del male. Deliziose anche le citazioni sparse qua e là nella pellicola, su tutte lo pseudonimo di uno degli studenti “Murnau” (come il regista del primo e iconico Nosferatu) e il soprannome affibbiato al magnifico rettore dell’università Caligari (come il film-manifesto dell’espressionismo tedesco).


Ma questi bagliori non certo rari ma assai tenui fanno presto a scomparire sotto l’odiosa interpretazione di Amarilla e la sceneggiatura un po’ vuota, un po’ evanescente mai rinvigorita da slanci di puro genio autoriale.
Nonostante tutto, però, ho deciso di dare una nuova chance a Bessoni: il suo ultimo lungometraggio Krokodyle (2011) pare promettere bene nel suo essere un pastiche di autori tanto diversi fra loro come Gondry e i fratelli Pang.


Se ti è piaciuto guarda anche...Quattro mosche di velluto grigio (1971) di Dario Argento, perché ha ispirato in parte il film (la storia del tanatoscopio) ma è puro e stilosissimo Argento d’annata. The Orphanage (2007) di Juan Antonio Bayona, perché anche se non è un grandissimo horror è intelligente e in più c’è la divina Geraldine Chaplin nella parte di fantasmatica medium. L’uomo senza sonno (2004) di Brad Anderson, perché anche questo film è buio e freddo, si sente la puzza di cospirazioni e perché l’interpretazione di Bale è degna di un cult assoluto. Shutter Island (2010) di Martin Scorsese, perché anche se non è un horror propriamente detto è giocato sulle stesse atmosfere del film di Bessoni e, anche qui, le cospirazioni si toccano con mano.


Scena cult – Il tremendo incipit in cui lo scienziato Fumagalli (degno della migliore pittura fiamminga) uccide ex abrupto una fanciulla nel suo allucinato e macabro laboratorio di alchimista. Un vero e proprio quadro in movimento.


Canzone cult – Non pervenuta

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