Germania, 2008
Regia: Dennis Gansel
Cast:
Jürgen Vogel, Frederick Lau, Max Riemelt, Jennifer Ulrich, Jacob Matschenz
Sceneggiatura: Dennis Gansel, Peter Thorwarht
Trama (im)modesta – Reiner Wegner (Vogel) è un insegnante alternativo
che non sopporta gli accademismi e la barbosità degli studi cattedratici.
Durante la settimana a tema, in cui ogni studente sceglie dei corsi
monotematici da seguire per l’intera settimana, a Wegner viene assegnato il
tema dell’autarchia e del totalitarismo. Vedendo come i ragazzi sottovalutano
l’argomento della dittatura, credendolo ormai sorpassato e obsoleto, Wegner
propone un esperimento: creare un movimento (appunto L’Onda del titolo), ideare
un’uniforme e un logo (in questo caso l’uniforme è una camicia bianca per bene
e il logo la versione stilizzata del dipinto del giapponese Hokusai, La grande
onda di Kanagawa), organizzare un sito web e fare proseliti. In pochi giorni,
L’Onda prende piede e Berlino si trova invasa di graffiti e adesivi raffiguranti
il logo del movimento, ma il pericolo del fanatismo è dietro l’angolo e i
protagonisti ne faranno esperienza a loro spese.
La mia (im)modesta opinione – I film come L’Onda sono
importanti. Solo un film è capace di trasmettere non solo a livello mentale ma
anche a livello visivo quella che è la fenomenologia del Male. In questo caso
il Male si nasconde in Germania, nella gioventù tedesca presuntuosamente
convinta che la passata esperienza nazista possa salvarli dal ricadere nella
trappola autarchica. Ciò che urta di più in questo film è che la storia narrata
è vera: gli eventi si svolsero alla fine degli anni ’60 in California, il
movimento si chiamava La Terza Onda e anche lì ci furono ghettizzazioni, atti
minori di bullismo e discriminazione.
È interessante vedere come regia e sceneggiatura non
arrossiscano davanti al dire i nomi ad alta voce, elencare i colpevoli e
nominare le vergogne. Perfino l’argomento del nazismo, vero tabù in Germania
(il saluto nazista è proibito sia in Austria che in Germania, come anche la
svastica), è affrontato a faccia aperta, senza tentennamenti o riserve. Questo
esplicito riferimento al passato nazista della Germania (passato che i tedeschi
fanno finta di non vedere, bollandolo come passato oscuro) rende L’Onda un film
particolarmente caustico e velenoso per la società tedesca, ma lo salva dai
limiti di un nazionalismo troppo chiuso grazie all’universalità del messaggio:
o si sceglie la forza attraverso la disciplina, l’unione, l’azione e l’unità o
si sceglie il caos indifferenziato, con il dettaglio che la disciplina, unione,
azione e unità sono foriere di violenza e discriminazione e il caos garantisce
una relativa pace.
Altro punto interessante è quello dell’identità. Wenger
dimostra ai suoi alunni come il marciare in perfetto sincrono possa
permettergli di lavorare e pensare come una creatura unica. La camicia bianca,
divisa del movimento, annulla le differenze razziali, sociali e culturali. Il
saluto comune ai membri del gruppo, i simboli e le ideologie provvedono a
creare una copertura efficace e così L’Onda parte. Avere un’identità
particolare comporta delle responsabilità: bisogna farsi carico dei propri
limiti e difetti, bisogna accettare i propri problemi, bisogna sopportare la
propria dose di dolori pubblici e privati. Ma L’Onda lava via tutto: con la
camicia bianca addosso non si è più ricchi o poveri, non si è figli di genitori
distanti, non si è più chiusi in relazioni frustranti perché il gruppo,
l’identità collettiva annulla le magagne particolari.
Il dilemma del film è proprio questo: essere se stessi e
accettare esclusione, dolore e solitudine o rinunciare a se stessi e
trasformarsi in creature indottrinate e acritiche? La pace che il far parte del
gruppo garantisce è una pace vera ma che si basa sullo schiacciare la pace
altrui: meglio provare un senso di tregua dalla vita subito o aspettare in
eterno che arrivi? Il film ci fa capire che entrambe le strade portano nello
stesso luogo: da nessuna parte. E, possiamo dirlo, il pessimismo de L’Onda è una
pillola amara, amarissima, ma necessaria.
Gli studenti de L’Onda sono un gruppo eterogeneo,
perfettamente plausibile: si va dalla ragazza alternativa, al riccastro bullo,
allo sportivo muscoloso e bietolone, al frustrato fanatico fino al buffone
della classe. L’Onda travolge tutti, scatena violenza, ispira superbia, spinge
al vandalismo. Basta una camicia bianca, degli ideali posticci in cui credere,
un saluto in codice e una causa comune e la situazione è pronta a sfuggire di
mano. Interessante è il vedere la facilità con cui tutte queste persone, così
diverse e con problemi così diversi, siano pronte a rincorrere una bandiera
qualsiasi pur di avere qualcosa per cui schierarsi. Nel film si critica
l’egoismo che porta alla competizione fra singoli: ebbene quello de L’Onda non
è altruismo, ma egoismo su larga scala che porta un gruppo ad agire come
un’entità unica. Molte menti, un singolo egoismo.
Un film così corale e, dunque, così delicato (è cosa
difficoltosa tenere in equilibrio tanti personaggi insieme) trova la sua forza
sia nella sceneggiatura rapida e sagace, capace di colpire al punto giusto
senza mai sprecarsi o sbavare, sia nella regia ferma e vagamente videoclippara
di Dennis Gansel che racconta una storia giovane con uno stile giovane, fresco,
pieno di energia e voglia di fare. Bravi sono anche gli attori. In testa il
professor Wegner di Jürgen Vogel, poi
tutta la compagine degli studenti, sopra tutti quanti l’inquieto e inquietante
Tim (singolarmente somigliante sia caratterialmente che fisicamente all’Alex,
studente frustrato e pluriomicida, dell’Elephant di Gus Van Sant)
Scena cult – La marcia sul posto in classe, vero pezzo da
antologia, e la sequenza adrenalinica del vandalismo notturno a Berlino.
Capolavori.
Canzone cult – La colonna sonora di questo film è un
concentrato di rock e musica tra il tamarro e il discotecaro. Si va dal gruppo
indie rock The Killians (presenti con Fight The Start e Short Life of Margott)
ai cantanti rock tedeschi (che cantano in inglese come la Spending My Time
degli Orange but Green), ci sono i pezzi elettronici (come la stupenda Bored di
Ronda Ray con Markie J.) e rock più commerciale (la Execution Song dei
Johnossi). Ma le tre canzoni che mi sono piaciute di più sono la scatenata Rock& Roll Queen dei The Subways, la torbida ed elettronica Everything is UnderControl dei Coldcut e la tamarra e coattissima Home Zone dei Digitalism.
questo l'avevo visto un po' di tempo fa. davvero notevole e ricco di spunti di riflessione, dovrebbe essere proiettato in tutte le scuole!
RispondiEliminaCi sarebbe molto da imparare. Purtroppo gli studenti non sono disposti a imparare. I fantastici risultati delle ultime riforme scolastiche!
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