lunedì 9 aprile 2012

RED EYE (2005), Wes Craven


USA, 2005
Regia: Wes Craven
Cast: Rachel McAdams, Cillian Murphy, Brian Cox, Jayma Mays, Kyle Gallner
Sceneggiatura: Carl Ellsworth


Trama (im)modesta – Lisa Reisert (una McAdams gnocca che più gnocca non si può) è una giovane manager di un lussuoso e importante hotel. Una sera, in aereoporto, viene avvicinata dal fascinoso Jackson Ripner (un Murphy inquietante che più inquietante non si può) che dopo averla abbordata le rivela di essere un terrorista che ha bisogno di lei per far uccidere un importante politico che alloggia nel suo albergo. Tutto quello che Lisa deve fare è chiamare l’albergo e fare spostare la camera del politico. Se non lo farà il socio di Ripner ucciderà suo padre.


La mia (im)modesta opinione – Wes Craven è uno di quei registi così profondamente insidiati nella cultura pop moderna che prescindere dalla sua lezione è impossibile. La produzione di Craven è davvero sconfinata: si va dai super cult come Nightmare e Scream, ai fasti orrifici degli anni ’80 de Il serpente e l’arcobaleno e Le colline hanno gli occhi, si contano grandi pezzi di storia del cinema horror (come L’ultima casa a sinistra) e grandi ciofeche dell’horror (come Cursed) e poi ci sono quei filmetti che non ti aspetteresti mai e che, in un modo o nell’altro, figurano nell’opera di un regista del genere come La musica nel cuore e, nel nostro caso, Red Eye.


Red Eye non è un grande film: banalmente musicato, fotografato senza troppo impegno, diretto con la compiaciuta destrezza di un autore ormai consumato che sa su quale terreno muoversi e quali tasti premere. Una pellicola, cioè, che si ascrive già nelle sue premesse nel genere codificato del thriller. Gli stereotipi del genere ci sono tutti: la verginale eroina, i semi-comici comprimari, le sottotrame di contorno, l’inseguimento dentro la casa, la lotta con il killer che non muore mai, la polizia che arriva in ritardo, il finale gaio e felice.


Ma da dove trae la propria forza questo film? Oltre che dalla già citata bravura di Craven nel narrare storie di questo genere, nei suoi protagonisti: la sulfurea coppia Murphy/McAdams, due attori affiatatissimi le cui performances particolari sono superate solo dal duetto di personaggi che mettono insieme: glaciale e luciferino lui, fragile e animosa lei. Una coppia insolita eppure profondamente magnetica che ha per volto ora quello bellissimo e angelicato di Rachel McAdams (che è brava a recitare anche le grandissime stronze, vedi Midnight in Paris o Mean Girls) ora quello androgino e obliquo di Cillian Murphy (attore culto mio e, a quanto pare, anche di Christopher Nolan che l’ha inserito consecutivamente in quattro dei suoi film).


La presenza di questa coppia riesce a dare sangue e linfa (oltre che i taglienti occhi di Cillian Murphy) ad un thriller tutto sommato abbastanza semplice e assai prevedibile, che dà solo il piacere di vedere un regista e un cast perfettamente a proprio agio in una storia già sperimentata e, dunque, piuttosto rassicurante. Lo stesso Craven, lo vediamo, è consapevole di avere per le mani un passatempo, un ninnolo scintillante sicuramente lontano dallo sfarzo dei vari Scream e La casa nera e questo suo essere perfettamente a proprio agio, ci mette a nostro agio.


Se ti è piaciuto guarda anche...Mother’s Day (2010) di Darren Lynn Bousman, stupendo thriller di certo più teso e adrenalinico di Red Eye che preferisce muoversi verso la stilizzazione del genere per ottenere un prodotto svelto, essenziale ma di grande impatto. The Strangers (2008) di Bryan Bertino, un film di certo non memorabile ma tutto giocato sul climax di tensione e spavento che garantiscono in un genere come quello del thriller (che non dovrebbe, con le dovute eccezioni, avere velleità artistiche particolari) sicuro successo. Hostage (2005) di Florent Emilio Siri, che è un altro esempio di filmetto abbastanza scadente in sé che trova la sua forza in uno dei protagonisti (in questo caso il bravissimo Ben Foster). X (2011) di Jon Hewitt, monumentale prova filmica che dimostra come mescolando tutti (e dico tutti) gli stereotipi del thriller erotico, si possa partorire un film che è un notturno delirio picaresco attraverso tutte le stazioni della via crucis del film di genere.


Scena cult – Il flirt fra Jackson e Lisa al bar dell’aeroporto e poi in aereo: grande prova non di arguzia da parte della sceneggiatura o bravura da parte degli attori ma di ironia tragica e fascinazione da avventura notturna.

Canzone cult – Non pervenuta.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...