giovedì 14 febbraio 2013

THE WALKING DEAD, Stagione 1 (2010), Frank Darabont


USA, 2010
Regia: Frank Darabont, Michelle MacLaren, Gwyneth Horder-Payton, Johan Renck, Ernest Dickerson, Guy Ferland
Cast: Andrew Lincoln, Jon Bernthal, Sarah Wayne Callies, Laurie Holden, Jeffrey DeMunn, Steven Yeun, Chandler Riggs, Norman Reedus
Sceneggiatura: Frank Darabont, Charles H. Eglee, Jack LoGiudice, Robert Kirkman, Glen Mazzara, Adam Fierro


Trama (im)modesta – Sembra un regolare giorno di lavoro, quello di Rick Grimes, sceriffo, impegnato nell’inseguimento di un gruppo di criminali armati; ma l’imprevisto è dietro l’angolo: nella sparatoria immediatamente successiva, Rick viene ferito quasi a morte da un colpo d’arma da fuoco e cade in coma. Al suo risveglio, il mondo è cambiato. Ospedale e città deserti, cadaveri disseminati per le strade, rovine su rovine e nessun essere umano in vista. E quando Frank vede proprio i morti rialzarsi alla ricerca di carne viva da divorare ogni dubbio è fugato: il mondo è vittima di quella che molti definirebbero una zombie apocalypse. I morti viventi superano i sopravvissuti in rapporto di cinquemila a uno. A Rick non rimane altro che mettersi in viaggio, da solo, alla ricerca dei superstiti e della propria famiglia, affrontando tutti i pericoli che un mondo tanto devastato ha in serbo...


La mia (im)modesta opinione – Su The Walking Dead s’è detto e ridetto moltissimo. E io mi sento di confermare le opinioni più entusiastiche a riguardo, riservandomi però il (condiviso) dubbio circa l’effettiva funzionalità dello show. Mi spiego meglio: esiste un episodio (il terzo) che erra nelle miscele, spostando il focus sul lato più strettamente drammatico della vicenda, che riesce a essere davvero noioso. Da qui si capisce come The Walking Dead sia una serie perennemente in bilico, che, per avere successo (e lo ha a grandissimi livelli), deve necessariamente riuscire a mescolare il dramma umano all’horror o fondendoli, come nel migliore dei casi, o quantomeno accostandoli. È quanto succederà, a detta di tutti, nella seconda stagione che per la prima metà risulterà assai mediocre riprendendosi poi nella seconda parte.


Ed è proprio questo il problema essenziale di una serie come questa: la trama è troppo lineare. Non ci sono colpi di scena da aspettarsi, non ci sono spesso motivi che spingano lo spettatore ad aver bisogno di guardare la puntata successiva. Si tratta solo di sapere se i protagonisti sopravviveranno e come. Questo, l’argomento della prima stagione che, va detto, è comunque relegata a sei esigui episodi. Per il resto la qualità della serie è ottima: l’impianto aperto della narrazione a episodi permette uno sviluppo del dramma connaturato allo zombie movie più disteso e potente, laddove gli altri film di genere potevano solo optare sulla forzata scelta della chiave orrifica (comunque declinabile in molti modi diversi) senza creare una vera e propria empatia con i personaggi – empatia assolutamente presente e viva in The Walking Dead, e che va considerata il maggior punto di forza dello show.


Già dalla puntata pilota, ciò che ci colpisce è il profondo senso d’umana pietà che pervade l’intera storia: l’invasione dei morti viventi è il punto centrale, sì, ma la nostra attenzione si sposta più sulla desolazione che questa invasione s’è lasciata dietro, sul senso di abbandono e solitudine, sulla precaria solidarietà che i pochi manipoli di uomini rimasti riescono a stringere. Il senso di disperazione e ferocia ci si presenta in tutta la sua più accorata drammaticità, stranamente dissonante con le placide ambientazioni naturali in cui la serie è immersa: il verde è una costante dello show. Prati, foreste, parchi, cieli azzurri: il mondo di The Walking Dead non è un incubo cementizio ma una sorta di Eden contaminato, sempre e comunque vicino all’universo della natura di cui i morti viventi sono la cancerosa perversione, testimoni viventi (o non-viventi) di una depravazione del normale circuito delle cose.


Rick Grimes è un eroe integerrimo, quasi un moderno Enea tanto è pieno di alti e nobili sentimenti: il dovere, la devozione alla famiglia e alla propria causa, la salda moralità, la spinta eroica verso il sacrificio. Un eroe del genere fa piacere all’inizio ma poi stanza: nel ventunesimo secolo sono lodevolissimi gli esempi di tanta profonda compassione e virtù, ma ci sarebbe bisogno di eroi più problematici, più sfaccettati. Se Rick è un gigante del lato luminoso, gli manca una controparte, mentre tutti i suoi co-protagonisti appartengono all’area grigia dell’irrisolutezza morale: sono loro i veri eroi sfaccettati, problematici. E su tutti brillano la bella Andrea, il sanguigno bifolco Deryl e l’assai tormentato Shane Walsh, amico di Frank che ha salvato la moglie e il figlio dell’amico mentre questo era in coma e ha finito per innamorarsene.


Il livello tecnico della serie è poi d’indiscussa altezza: grandi recitazioni, bei dialoghi (anche se si riservano qualche mosceria), stupendi la regia e gli apparati artistici con la spettacolare, limpidissima fotografia e l’uso tanto perfetto dei silenzi e delle musiche. Tanto che si può arrivare a dire che il contesto del suono è il protagonista onnipresente ma invisibile di tutta la serie. Grandi poi Andrew Lincoln e Laurie Holden, vere stelle recitative della stagione. The Walking Dead è insomma uno dei migliori show degli ultimi anni (ma questo già si sapeva) nonostante delle falle che, tutto sommato, scegliamo di perdonare in ragione della grande, grandissima qualità del risultato finale.


Se ti è piaciuto guarda anche... – Lo zombie movie più spassoso che mi sia mai capitato di vedere, oltre a Shaun of the Dead (2004) di Edgar Wright, è il cubano Juan De Los Muertos (2011) di Alejandro Brugués. La citazione è d’obbligo, poi, per perle moderne come 28 Giorni Dopo (2002) di Danny Boyle e L'alba dei morti viventi (2004) di Zack Snyder. C’è poi l’originale Le cronache dei morti viventi (2007) di George Romero, da accoppiare a uno dei più grandi film del grande maestro: Zombi (1978), film di indubbia qualità ma dalla messinscena alquanto scadentuccia. Per la serie delle grandi figate c’è poi il saporosissimo Planet Terror (2007) di Robert Rodriguez e il più ironico Benvenuti a Zombieland (2009) di Ruben Fleischer. Mentre nella sezione “sconosciuti ma illustri” abbiamo  Dead Snow (2009) di Tommy Wirkola, il folgorante  Deadgirl (2008) di Marcel Sarmiento e Gadi Harel e il pecoreccissimo Big Tits Zombie (2010) di Takao Nakano, un film così brutto che è bellissimo.


Scena cult – La morte della sorella di Andrea, la donna morta che torna a bussare alla propria porta di casa.

Canzone cult – La bella Tomorrow is a long time di Bob Dylan, la potentissima orchestrale Sunshine di John Murphy (tratta dall’omonimo film di Danny Boyle) e la blueseggiante I’m a Man dei Black Strobe.

10 commenti:

  1. Beh, con questa stagione mi sono innamorata della serie e ogni settimana non vedo l'ora che arrivi una nuova puntata.

    Vedi comunque la prima stagione come una sorta di "riscaldamento", perché la seconda sarà anche imperfetta ma riserva grandi sorprese, soprattutto a livello di personaggi.

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    1. Lo spero bene! Anche perché la trama dovrà pur andare a parare da qualche parte! Appena avrò visto la seconda, ti saprò dire!

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  2. a me invece la prima stagione non aveva convinto...
    poi con la seconda è migliorata parecchio e la terza è decisamente notevole.

    sulla qualità di alcuni attori comunque continuo a mantenere qualche riserva.. :)

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    1. Questo sì, senza dubbio, mi aspetto che la seconda sia ancora meglio e rafforzi la formula di base, che funziona ma è instabile. Gli attori li ho trovati bravi tranne alcuni, ma per il poco spazio che gli è dato, la loro poca competenza è scusabilissima.

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  3. Effettivamente nella prima stagione a parte fughe e uccisioni non c'è molto, ma il livello di recitazione e la costruzione del tutto te la fa adorare! Con la seconda, nonostante un po' di noia, arrivano anche questioni più interessanti che ti fanno scalpitare per l'episodio successivo!

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    1. Stasera stessa inizio a guardare la seconda! Speriamo bene!

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  4. Io appartengo, invece, a quelli che "ah, la prima serie di TWD era cool, poi s'è commercializzato"... Continuo a seguirlo anche adesso, ma con il dovuto e ironico distacco e solo perché a Deryl ci voglio bene.

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  5. Che vibra!
    P.s. ti prego leva i capthca, è orribile commentare così. Grazi.

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