martedì 17 dicembre 2013

ECSTASY GENERATION (1997), Gregg Araki


USA, 1997
Regia: Gregg Araki
Cast: James Duval, Rachel True, Nathan Bexton, Christina Applegate, Kathleen Robertson, Sarah Lassez, Heather Graham, Ryan Philippe
Sceneggiatura: Gregg Araki


Trama (im)modesta – Dark e Mel sono una coppia diciottenne di amanti bisessuali e alienate. Attorno a loro ruota un sottobosco di figure più o meno bizzarre, non meno estreme e devastate di loro: Lucifer, amante lesbica di Mel; gli autodistruttivi, sessuomani Shed e Lilith; Montgomery, biondino innocente, biancovestito dagli occhi difformi. E, fra tutti loro, cammina non visto un alieno bizzarro, che ne rapisce alcuni. Così, fra sparizioni, metamorfosi, suicidi si consuma una giornata per la gioventù condannata dell’allucinata Los Angeles.


La mia (im)modesta opinione – Gregg Araki è un autore bizzarro. La sua estetica curiosa, a metà fra il B-Movie fantascientifico (visto come estremo escapismo da un mondo troppo duro) e il porno softcore, ci ha regalato film stranamente poetici (vedi Mysterious Skin) e anche assai divertenti (come il più recente Ka-Boom). Troppe volte, però, come autore, ha preferito ricoprire un facile maledettismo con onirismi tinti di Lynch e, più in generale, con le sue interessanti trovate visive. Ma proprio per questo il rischio d’incorrere nello stallo “style over substance” è grosso e pesante.


Chiariamoci. Sono io il primo che favorisce lo stile al di sopra della sostanza e devo certo ammettere che l’estetica pop di Araki mi seduce in qualche maniera. Ma in questo film (il cui titolo originale è un più sensato Nowhere), come in altri, dove il regista funge anche da sceneggiatore, vediamo una maggiore talento per il lato più cinematografico piuttosto che per quello narrativo strictu sensu. Il risultato? Araki monta un videoclip notevole, torbido e allucinato, ma né lo organizza in forma di storia né lo usa per filosofeggiare. Anzi, si potrebbe dire che sta così attento all'architettura di ogni singolo frame che finisce per dimenticare il senso generale del suo intero lavoro.


Tanto peggio è che tenta di filosofeggiare. Con appassionata superficialità mostra tutti i gradi dell’alienazione (e dell’abiezione) della fantomatica Doom Generation, la generazione superficiale, quella (secondo le stesse parole di Araki) condannata a vivere la fine del mondo. Ebbene, questa generazione viene molto descritta ma poco spiegata (tutt’al più scappa qualche riferimento alla teledipendenza, al rapporto sempre più conflittuale coi genitori, alla disperata confusione sessuale), con il risultato di dipingere un pastiche efficace ma condito da tante e tali aporie intestine da farci sovvenire il dubbio sulle effettive capacità di penetrazione di Araki all’interno della propria stessa opera.


Altra pecca del film: vorrebbe essere trasgressivo ma non riesce a esserlo. Sì la violenza grafica, verbale e psicologica è notevole, ma poco ci viene effettivamente concesso dal punto di vista più fisico. Strano, facendo vedere assai di meno, un maestro come Gus Van Sant riesce a colpirci parecchio di più. I pregi dell’eleganza: il bacio scambiato sotto la doccia dai killer dell’indimenticato Elephant è molto più significativo, estremo, conturbante di un’ora e diciotto di pruderie sfuse condite con parolacce, violenza all’ingrosso e nichilismo  gratuito.


Ma credo che Araki sia così. Profonda incompetenza nell’intreccio mescolata a visioni di profetico camp, sublime bellezza (affascinanti gli occhi di doppio colore del biondo Montgomery) e trash del più turpe. Autentica furia autodistruttiva e dozzinale retorica post-grunge. Ecstasy Generation lo boccio a metà e a metà lo promuovo: troppo mi piace quell’estetica anni ’90 fatta di LSD, troppo mi piace quell’irrequietezza. A non piacermi è il facile pessimismo, la generale tendenza radical-chic declinata in salsa camp/omoerotica. Da rivedere, ma sempre tenendo a mente le più riuscite pellicole di Araki.


Se ti è piaciuto guarda anche... – Non migliore ma forse più iconico è Doom Generation (1995) sempre di Gregg Araki, seguito a ruota dai validi Mysterious Skin (2004) e Ka-Boom (2010). Andiamo più in alto, verso la Trilogia della Morte del grande Gus Van Sant: Gerry (2002), Elephant (2003) e Last Days (2005). Sempre di Gus Van Sant segnalo Mala Noche (1985), Belli e Dannati (1991) e Paranoid Park (2007). Né potrei dimenticarmi dell'assoluto capolavoro Kids (1995) di Larry Clark.


Scena cult – Lo stupro di Egg, l’erotico incipit sotto la doccia, tutte le scene fra Ryan Philippe e Heather Graham.

Canzone cult – Grande colonna sonora. Cito Life is Sweet dei The Chemical Brothers remixata dai Daft Punk, il remix di Daydreaming dei Massive Attack, i Radiohead con How Can You Be Sure e la Kiddie Grinder di Marilyn Manson.

2 commenti:

  1. l'ho visto parecchio tempo fa e in effetti non lo ricordo come il suo lavoro migliore.
    però è pur sempre un araki, quindi va bene :)

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    1. Concordo. Araki è sempre Araki. Però a volte mi pare di stare vedendo un porno retrò...

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